Michele, a 13 anni, era un ragazzino sognatore e impulsivo. Un giorno vendette l’orologio che suo padre gli aveva regalato, il dono più prezioso che avesse mai ricevuto. Non ci pensò due volte: l’unico desiderio che aveva era scappare con Maria, la ragazza della porta accanto di cui era innamorato.
Maria accettò di andare con lui, ma la fuga finì prima ancora di cominciare. Maria lo abbandonò, lasciandolo solo in una stanza buia e fredda. Fu la prima volta che Michele provò il sapore amaro del tradimento, come se il mondo intero gli voltasse le spalle.
Oggi Michele è un uomo, ma il passato lo perseguita come un’ombra. Dopo un misterioso incidente, il suo volto è stato sfigurato. I medici hanno fatto di tutto per ricostruirlo, ma nulla poteva restituirgli l’immagine di quel ragazzino innocente che era un tempo.
Ma il dolore più grande non era quello fisico. Michele aveva perso fiducia nella sua famiglia. Si rese conto che le persone più vicine a lui erano quelle che nascondevano i segreti più oscuri.
Carlo, il migliore amico di Michele fin dall’infanzia, era morto in circostanze misteriose. I pezzi del puzzle iniziarono a combaciare, portando Michele a una sconvolgente verità: suo padre era il responsabile della morte di Carlo.
Michele affrontò suo padre, con lo sguardo pieno di rabbia:
“Carlo l’ha scoperto. L’hai ammazzato tu, vero? Sei stato tu!”
(“Carlo aveva scoperto tutto. Sei stato tu a ucciderlo, vero? È stato tuo il colpo!”)
Il padre rimase in silenzio, evitando il suo sguardo. Quel silenzio era una confessione che non necessitava di parole. Michele non poteva sopportarlo.
La rabbia raggiunse il culmine. Michele estrasse la pistola che aveva con sé.
Lo sparo risuonò nell’aria, rompendo il silenzio. Il padre di Michele cadde a terra. Il sangue si sparse sul pavimento freddo. Ma in quel momento, Michele non sentì alcuna soddisfazione, nessun sollievo. Al contrario, si sentì vuoto, come un uomo che aveva perso tutto.
Michele si inginocchiò accanto al corpo del padre, con le lacrime agli occhi. Sussurrò, come se parlasse a se stesso:
“Non ho mai avuto nulla da spartire con voi… ma ora, non ho nulla da spartire nemmeno con me stesso.”
(“Non ho mai avuto nulla in comune con voi… ma ora, non ho nulla in comune nemmeno con me stesso.”)
Michele rimase immobile sulla spiaggia, lo sguardo perso verso l’orizzonte. Le onde continuavano a infrangersi sulla riva, come se volessero inghiottire ogni ricordo doloroso. Non sapeva dove sarebbe andato, sapeva solo che il passato lo aveva già distrutto.
L’ultima immagine si fermò su Michele, una figura solitaria in mezzo alla vastità della spiaggia, con il suono del mare che riecheggiava come una ninna nanna inquietante per una tragedia familiare senza fine.