La rosa della vendetta: Alla ricerca della consolazione perduta tra le onde del tempo

Gulcemal camminava nell’oscurità, i passi leggeri e determinati, avvicinandosi a Deva, che stava ancora accanto al lago, con la luce tenue della luna che illuminava la sua schiena. Voleva affrontarla, voleva costringerla a confessare la verità che credeva stesse nascondendo. Ma quando si avvicinò, ciò che vide non fu un confronto, ma l’immagine di Deva che si inginocchiava, immergendo le mani nell’acqua fredda del lago come se cercasse di toccare qualcosa di invisibile, un ricordo, una figura o una consolazione che solo lei poteva percepire.

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Deva non si accorse che Gulcemal si era avvicinato. Era completamente immersa nel suo momento, gli occhi chiusi come se stesse ascoltando voci sussurrate da un luogo lontano. Le sue dita sfioravano delicatamente la superficie dell’acqua, creando onde leggere, come se fossero i ricordi che si stavano risvegliando nella sua anima.

Quando Gulcemal si avvicinò, non poté fare a meno di chiedere, con una voce calma ma preoccupata: “Deva, cosa stai facendo?”

Deva non si voltò, ma la sua voce era tranquilla mentre rispondeva: “Sto… parlando con mia madre.” Si fermò per un attimo, poi aggiunse: “Mia madre è morta da tempo, ma sento come se fosse ancora qui, proprio accanto a me. Anche se non posso vederla, la sua presenza la percepisco attraverso queste onde.”

Gulcemal rimase immobile, sorpreso dalle parole di Deva. Non riusciva a comprendere pienamente il dolore che stava vivendo, ma ciò che provò in quel momento fu una compassione inaspettata, una sensazione che non pensava di poter provare nei confronti di lei. Entrambi, sebbene provenienti da mondi diversi, stavano cercando di affrontare perdite che non potevano cambiare.

Il lago di fronte a loro non rifletteva solo l’immagine di Deva, ma anche il luogo che custodiva ricordi dolorosi che lui stesso aveva cercato di dimenticare. Gulcemal percepì una connessione misteriosa tra sé e la ragazza inginocchiata accanto al lago, anche se avevano cicatrici diverse, tutte sepolte nel profondo dei cuori, e tutte nascoste sotto il velo dell’acqua silenziosa.

In silenzio, si sedette accanto a Deva, senza dire nulla. Entrambi rimasero immobili, con il suono delle onde che li avvolgeva, e le dita di Deva che continuavano a sfiorare la superficie del lago. In quel momento, non c’erano dubbi né gelosie, solo una comprensione tacita. Gulcemal capì che, anche se Deva non aveva mai condiviso completamente il suo dolore, poteva percepire che a volte, le cose non dette erano il miglior modo per guarire le ferite più profonde.

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