Gulcemal seguì in silenzio Deva fino alla riva del lago, dove lei stava immobile in mezzo alla quiete. Da tempo sospettava che nascondesse qualcosa, credendo che fosse coinvolta in azioni sospette, legate ai pettegolezzi che circolavano nel villaggio. Ma ciò che vide lo lasciò sorpreso: Deva tendeva l’arco, scoccando frecce che si conficcavano nell’acqua, accompagnate da sussurri che Gulcemal non riusciva a capire. Nascosto tra gli alberi, si concentrò per ascoltare meglio e alla fine comprese: lei stava parlando con la madre defunta, affidando alle frecce il peso della sua nostalgia.
Quando Deva parlò all’improvviso, pronunciando il nome di Gulcemal senza voltarsi, lui rimase sbalordito e uscì dal suo nascondiglio. Alla sua domanda, rispose balbettando, spiegando che voleva solo sapere la verità. Deva lo fissò, con uno sguardo allo stesso tempo malinconico e tagliente, e con voce decisa disse: “Un giorno ti manderò un messaggio. Un messaggio che racconterà tutto il dolore che mi hai causato.” Le sue parole colpirono Gulcemal come una lama affilata, lasciandolo senza fiato.
Deva si allontanò, lasciando Gulcemal confuso dalle sue enigmatiche affermazioni. Davanti al lago immobile, si chiese cosa avesse mai fatto per farla soffrire così tanto. Ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare una risposta. Rimase solo un caos nella sua mente: stava cercando la verità o inseguendo solo un’ombra del passato?